Giuseppe Garibaldi (1807-1882)
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Giuseppe Garibaldi.
Giuseppe Garibaldi (Nizza, 4 luglio 1807 – Isola di Caprera, 2 giugno 1882) è stato un generale, condottiero e patriota italiano. Garibaldi è una delle figure più rilevanti del Risorgimento italiano, ed è forse il personaggio storico più famoso e popolare nell'immaginario collettivo degli italiani. In Italia è noto anche con l'appellativo di Eroe dei due mondi, per le sue imprese militari compiute sia Europa, sia in Sud America.
Adolescenza
Garibaldi nacque a Nizza, quando la città era parte del Primo Impero (tornata al Regno di Sardegna dopo il Congresso di Vienna (1815), restò sotto il governo dei Savoia fino al 1860). Era il secondogenito di Domenico, capitano di cabotaggio immigrato da Chiavari, e Rosa Raimondi, originaria di Loano. Angelo era il nome di suo fratello maggiore, mentre dopo Giuseppe nacquero altri due maschi, Michele e Felice, e due bambine morte in tenera età.
I genitori avrebbero voluto avviare Giuseppe alla carriera di avvocato, di medico o di prete. Ma il figlio amava poco gli studi e prediligeva gli esercizi fisici e la vita di mare, essendo come lui stesso ebbe a dire «più amico del divertimento che dello studio». Vedendosi ostacolato dal padre nella sua vocazione marinara, tentò di fuggire per mare verso Genova con alcuni compagni, ma fu fermato e ricondotto a casa. Tuttavia, si appassionò all'insegnamento dei suoi primi precettori, soprattutto del signor Arena, un reduce delle campagne napoleoniche, che gli impartì lezioni d'italiano e di storia antica. Rimarrà soprattutto affascinato dall'antica Roma.
Convinto il padre a lasciargli seguire la carriera marittima a Genova, fu iscritto nel registro dei mozzi nel 1821. A sedici anni, nel 1824, si imbarcò sulla Costanza, comandata da Angelo Pesante di Sanremo, che Garibaldi avrebbe in seguito descritto come «il migliore capitano di mare». Nel suo primo viaggio si spinse fino a Odessa nel mar Nero e a Taganrog nel mar d'Azov (entrambe ex colonie genovesi). Con il padre, l'anno successivo si diresse a Roma con un carico di vino, per l'approvvigionamento dei pellegrini venuti per il Giubileo indetto da papa Leone XII.
Sui mari d'Europa
Giuseppe Garibaldi da giovane.
Nel 1827 salpò da Nizza con la Cortese per il mar Nero, ma il bastimento fu assalito dai corsari turchi che depredarono la nave, rubando persino i vestiti dei marinai. Il viaggio comunque continuò, e nell'agosto del 1828 Garibaldi sbarcò dalla Cortese a Costantinopoli, dove sarebbe rimasto fino al 1832 a causa della guerra turco-russa, e dove si integrò nella comunità italiana. Secondo le ricerche compiute dalla sua bisnipote diretta Annita Garibaldi, probabilmente frequentò la casa di Calosso - comandante della cavalleria del Sultano col nome di Rustem Bey - e l'ambiente dei genovesi che storicamente erano insediati nel quartiere di Galata e Pera, e si guadagnò da vivere insegnando italiano, francese e matematica.
Nel febbraio del 1832 gli fu rilasciata la patente di capitano di seconda classe e subito dopo si reimbarcò con la Clorinda per il mar Nero. Ancora una volta la nave fu presa di mira dai corsari, ma questa volta l'equipaggio accolse gli aggressori a fucilate. Garibaldi fu ferito ad una mano, e avrebbe poi ricordato questa scaramuccia come il suo primo combattimento.
Dopo 13 mesi di navigazione ritornò a Nizza, ma già nel marzo 1833 ripartì per Costantinopoli. All'equipaggio si aggiunsero tredici passeggeri francesi seguaci di Henri de Saint-Simon che andavano in esilio nella capitale Ottomana. Il loro capo era Emile Barrault, un professore di retorica che espose le idee sansimoniane all'equipaggio.
Garibaldi, allora ventiseienne, fu molto influenzato dalle sue parole ma Annita Garibaldi ipotizza che appare probabile che quelle idee non gli giungessero del tutto nuove, fin da quando aveva soggiornato nell'Impero ottomano, luogo prescelto da tanti profughi politici dell'Europa e percorso esso stesso da fremiti di autonomia e di libertà.
Tutto ciò contribuì a convincerlo che il mondo era percorso da un grande bisogno di libertà. Lo colpì in particolare Emile Barrault quando affermò:
Il bastimento sbarcò i francesi a Costantinopoli e procedette per Taganrog. Qui in una locanda, mentre si discuteva, un uomo detto il Credente espose a Garibaldi le idee mazziniane.
Le tesi di Giuseppe Mazzini sembrarono a Garibaldi la diretta conseguenza delle idee di Barrault, e vide nella lotta per l'Unità d'Italia il momento iniziale della redenzione di tutti i popoli oppressi. Quel viaggio cambiò la vita di Garibaldi; nelle sue Memorie scrisse: «Certo non provò Colombo tanta soddisfazione nella scoperta dell'America, come ne provai io al ritrovare chi s'occupasse della redenzione patria».
Da marinaio a bandito
La storia vuole che Giuseppe Garibaldi abbia incontrato Giuseppe Mazzini nel 1833 a Londra, dove quest'ultimo era in esilio protetto dalla Massoneria Inglese, e che si sia iscritto subito alla Giovine Italia, un'associazione politica segreta il cui scopo era di trasformare l'Italia in una repubblica democratica unitaria. Sospinto dall'impegno politico, entrò nella Marina Sabauda per fare propaganda rivoluzionaria. Come marinaio piemontese Garibaldi assunse il nome di battaglia Cleombroto, un eroe tebano, fratello gemello di Pelopida che combatté con Epaminonda contro Sparta.
Insieme all'amico Edoardo Mutru cercò a bordo e a terra di fare proseliti alla causa, esponendosi con leggerezza. I due furono segnalati alla polizia e sorvegliati, e per questo vennero trasferiti sulla fregata Conte de Geneys in partenza per il Brasile.
Nel frattempo si era stabilito che l'11 febbraio 1834 ci sarebbe stata un'insurrezione popolare in Piemonte. Garibaldi scese a terra per mettersi in contatto con i mazziniani; ma il fallimento della rivolta in Savoia e l'allerta di esercito e polizia fecero fallire tutto. Il nizzardo non ritornò a bordo della Conte de Geneys, divenendo in pratica un disertore, e questa latitanza venne considerata come un'ammissione di colpa.
Indicato come uno dei capi della cospirazione, fu condannato alla pena di morte ignominiosa in contumacia in quanto nemico della Patria e dello Stato.
Garibaldi divenne così un bandito: si rifugiò prima a Nizza e poi varcò il confine giungendo a Marsiglia, ospite dell'amico Giuseppe Pares. Per non destare sospetti assunse il nome fittizio di Joseph Pane e a luglio si imbarcò alla volta del mar Nero, mentre nel marzo del 1835 fu in Tunisia. Il nizzardo rimase in contatto con l'associazione mazziniana tramite Luigi Cannessa e nel giugno 1835 venne iniziato alla Giovine Europa, prendendo come nome di battaglia Borrel in ricordo di Joseph Borrel, martire della causa rivoluzionaria.
Garibaldi decise quindi di partire alla volta del Sud America con l'intenzione di propagandare gli ideali mazziniani. L'8 settembre 1835 partì da Marsiglia sul brigantino Nautonnier.
Esilio in Sud America
Tra il dicembre 1835 ed il 1848 Garibaldi trascorse un lungo esilio in Sud America. Prima a Rio de Janeiro, accolto dalla piccola comunità di italiani aderenti alla Giovine Italia.
Poi, il 4 maggio 1837, ottenne una 'patente di corsa' dal governo della Repubblica Riograndense (Rio Grande do Sul), ribelle all'autorità dell'Impero del Brasile, e prese a sfidare un impero con il suo peschereccio, battezzato Mazzini.
Dopo molti episodi, inclusa una fuga in Uruguay, e poi a Gualeguay, in Argentina, prese parte alle sue prime battaglie terrestri. L'11 aprile 1838 respinse un intero battaglione dell'esercito imperiale brasiliano (battaglia del Galpon de Xarqueada). Partecipò, quindi, alla campagna che portò alla presa di Laguna, capitale della attigua provincia di Santa Caterina, il 25 luglio 1839.
Il 15 novembre l'esercito imperiale riconquistò la città, e i repubblicani ripararono sugli altipiani, ove si svolsero battaglie con fortune alterne. In particolare Garibaldi fu impegnato per la prima volta in un combattimento esclusivamente terrestre, nei pressi di Forquillas: attaccò con i suoi marinai il nemico e lo costrinse alla ritirata.
Sconfitta la ribellione separatista, nel 1842 Garibaldi riparò in Uruguay, dove comandò la flotta uruguaiana in una battaglia navale contro gli argentini e partecipò quindi alla difesa di Montevideo con i suoi volontari, tutti vestiti con camicie rosse. Qui sposò nel 1842 Ana Maria de Jesus Ribeiro, passata alla storia - e quasi alla leggenda - del Risorgimento italiano con il vezzeggiativo di Anita.
Giuseppe ed Anita si erano conosciuti a Laguna nel 1839, quando la giovane donna aveva 18 anni ed era sposata (o fidanzata: la cosa non è storicamente chiarita) a un calzolaio. In circostanze che lo stesso Garibaldi nelle sue Memorie tenne volutamente ambigue, Anita abbandonò il marito (o fidanzato che fosse) probabilmente il giorno stesso in cui incontrò il capitano corsaro. È spesso raccontato il fatto che Anita, abile cavallerizza, insegnò a cavalcare al marinaio italiano, fino ad allora del tutto inesperto di equitazione. Giuseppe a sua volta la istruì, per volontà o per necessità, ai rudimenti della vita militare. Garibaldi e Anita ebbero quattro figli, tra i quali una femmina che morì durante un'epidemia di vaiolo.
Garibaldi rientrò in Italia nel 1848, poco dopo lo scoppio della prima guerra di indipendenza. Qualche mese prima della sua partenza aveva fatto imbarcare Anita e i tre figli su una nave diretta a Nizza, dove furono affidati per qualche tempo alle cure della famiglia di lui.
Prima guerra d'indipendenza
Tornato dunque in Europa per partecipare alla prima guerra di indipendenza contro gli austriaci, Garibaldi si recò il 5 luglio a Roverbella, nei pressi di Mantova, per offrirsi volontario al re Carlo Alberto che, avvertito dai consiglieri della sua partecipazione all'insurrezione di Genova, lo respinse .
Partecipò comunque alla guerra come volontario al servizio del governo provvisorio di Milano. Con la Legione che aveva organizzato ottenne due piccoli successi tattici, sugli Austriaci del d'Aspre, a Luino e Morazzone.
Repubblica Romana
1849, dopo la caduta della Repubblica Romana Giuseppe Garibaldi e Anita Garibaldi in fuga, trovano rifugio a San Marino
Dopo la sconfitta piemontese di Novara (22-23 marzo 1849), Garibaldi partecipò ai combattimenti in difesa della Repubblica Romana, minacciata dalle truppe francesi e napoletane che difendevano gli interessi del papa Pio IX.
Fuga da Roma e morte di Anita
Nonostante i numerosi atti d'eroismo dei patrioti e nonostante la strenua opera di difesa organizzata da Garibaldi, l'enorme superiorità numerica dell'esercito francese e di quello napoletano ebbe alla fine la meglio. Roma cadde e Garibaldi, con i suoi, fu costretto alla fuga, che è passata alla storia come "la trafila", una disperata corsa per mezza Italia nel tentativo di raggiungere Venezia, dove la Repubblica di San Marco (l'unica repubblica italiana superstite) ancora reggeva l'urto delle potenze imperiali europee.
La "trafila" rappresentò una delle pagine più drammatiche e dolorose di tutta l'avventura terrena di Garibaldi. Rimasto solo con Anita incinta e con il fedelissimo "Leggero", braccati com'erano dalla polizia papalina e, ancora una volta, dalle truppe del tenente-feldmaresciallo d'Aspre, che comandava il corpo di occupazione austriaco in Toscana, Garibaldi perse la moglie, che morì nelle paludi delle Valli di Comacchio, spossata dalla fuga e dalla gravidanza.
Al pianto disperato di Garibaldi, che non voleva abbandonare il cadavere della donna, "Leggero" lo avrebbe sollecitato a proseguire la fuga e a mettersi in salvo dicendogli: «Generale, per i vostri figli, per l'Italia...»
Alla fine, Garibaldi riuscì a sfuggire alla caccia di polizie ed eserciti ancora una volta, giungendo infine in Liguria, nel Regno di Sardegna. Qui venne invitato a non fermarsi ed imbarcato per la Tunisia, poi per Tangeri. Passati lì alcuni mesi, si trasferì a New York (1850) dove lavorò nella fabbrica di candele di Antonio Meucci. Dopodiché si trasferì in Perù dove cercò un ingaggio come capitano di mare.
Rientro in Italia e seconda guerra d'indipendenza
Giuseppe Garibaldi
Garibaldi tornò in Italia nel 1854. Comprò metà dell'isola di Caprera (isola dell'arcipelago sardo di La Maddalena) con un'eredità di 35 mila lire. Partendo dalla casa di un pastore costruì, insieme a 30 amici, una fattoria. Si mise a fare il contadino, il fabbro e l'allevatore: possedeva un uliveto con circa 100 alberi d'ulivo, si occupava di un vigneto con cui produceva anche un buon vino e allevava 150 bovini, 400 polli, 200 capre, 50 maiali e più di 60 asini.
Cinque anni dopo partecipò alla seconda guerra di indipendenza guidando in una brillante campagna nella Lombardia settentrionale, i Cacciatori delle Alpi. Dopo aver sconfitto l'esercito austriaco nella battaglia di San Fermo occupò la città di Como.
Alla fine del 1859 era in Romagna per guidarvi un abortito tentativo di invasione delle Marche e dell'Umbria, per unirle alla Lega dell'Italia Centrale. L'iniziativa era prematura ed improvvida (assente il consenso di Napoleone III) e venne bloccata dal generale Manfredo Fanti.
Da Quarto al Volturno
La stele commemorativa dell'impresa dei Mille sullo scoglio da cui partì la spedizione, a Genova-Quarto
Ingresso di Garibaldi a Napoli il 7 settembre 1860 (Napoli, Museo civico di Castel Nuovo)
Nel 1860 Garibaldi organizzò una spedizione per conquistare il Regno delle Due Sicilie.
Raccolto un corpo di spedizione composto da circa mille uomini (le Camicie rosse), Garibaldi raggiunse via mare la Sicilia partendo da Quarto, presso Genova. Sbarcò nel porto di Marsala proclamandosi dittatore della Sicilia in nome di Vittorio Emanuele II, da lui appellato re d'Italia.
Il 13 maggio, rinforzato da alcune centinaia di volontari, i famosi picciotti raccolti nella marcia da Marsala, batté i borbonici a Calatafimi. Dopo una avventurosa marcia tutto attorno Palermo, il 27 maggio diede l'assalto alla città, da Porta Termini: assalì le carceri lasciate indifese e liberò i detenuti, dei quali molti si unirono a lui e con le famiglie delle borgate povere della città dettero vita ad una insurrezione popolare, tanto che i borbonici reagirono bombardando i quartieri ribelli. La guarnigione del Regno delle Due Sicilie accettò un armistizio che consentì loro di imbarcarsi e fare ritorno sul continente.
Vinta la resistenza della piazzaforte di Milazzo, Garibaldi, e soprattutto il suo luogotenente Nino Bixio, si resero protagonisti di una strage a Bronte . Il 20 luglio, venne pattuita una lunga tregua con la guarnigione di Messina, che accettava di non infastidire i volontari, a condizione di mantenere il controllo della cittadella.
Il 19 agosto la truppa sbarcò in Calabria a Melito. Aggirò e sconfisse i borbonici a Reggio Calabria il 21 agosto. Cominciò una rapida marcia verso nord, che si concluse, il 7 settembre, con l'ingresso in Napoli. La capitale era stata abbandonata dal re Francesco II, che aveva portato l'esercito a nord del fiume Volturno. La battaglia del Volturno fu la più brillante tra quelle combattute da Garibaldi in questa campagna: l'1-2 ottobre le forze garibaldine respinsero brillantemente l'attacco dell'esercito borbonico, riorganizzato a nord di Napoli da Francesco II, dopo gli sbandamenti successivi a Milazzo.
Anche se Francesco II aveva perso le speranze di recuperare Napoli, Garibaldi non disponeva delle forze necessarie a condurre l'assedio delle fortezze in cui l'esercito sconfitto si era ritirato (Capua e, soprattutto, Gaeta). Fu quindi risolutivo l'arrivo dell'esercito del Regno di Sardegna, guidato da Manfredo Fanti e da Enrico Cialdini.
Garibaldi incontrò Vittorio Emanuele II il 26 ottobre 1860, nei pressi di Teano e gli consegnò la sovranità sul Regno delle Due Sicilie. Garibaldi accompagnò poi il re a Napoli il 7 novembre e, il giorno seguente, si ritirò nell'isola di Caprera, rifiutando di accettare qualsiasi ricompensa per i suoi servigi. Tale atteggiamento basta da solo a confermare come egli non avesse mai immaginato di formare una repubblica garibaldina in Sicilia o a Napoli, bensì restare fedele al motto che aveva fatto proprio all'inizio del 1859: Italia e Vittorio Emanuele.
Lincoln, Garibaldi e la guerra di secessione americana
Nella primavera del 1861 il colonnello Candido Augusto Vecchi, del seguito di Garibaldi, scrisse al giornalista americano Theodore Tuckermann esponendo la simpatia di Garibaldi per l'Unione. L'ambasciatore U.S.A. a Torino, G.P.Marsh, tastò il terreno per una partecipazione dell'eroe alla guerra di secessione americana in qualità di comandante di divisione. Lo stesso Garibaldi rivelò nel 1868 che Lincoln gli avrebbe offerto 40mila dollari per convincerlo a prendere il comando delle forze unioniste.
Garibaldi non volle impegnarsi, ufficialmente poiché voleva un impegno deciso per l'emancipazione degli schiavi, o addirittura perché disponibile solo per il comando supremo. Ma, in effetti, perché assai speranzoso di una imminente iniziativa di Vittorio Emanuele su Roma o il Veneto. Con queste premesse, la trattativa si arenò. Nell'autunno del 1862 Canisius, console U.S.A. a Vienna, riprese i contatti; tuttavia Garibaldi, ferito e reduce dall'Aspromonte, si trovava detenuto a Varignano: in caso di accettazione si sarebbe prospettato un delicato caso diplomatico .
Seguirono passi da parte di Seward, segretario di stato di Abraham Lincoln, per far decadere senza esito la clamorosa proposta.
Per Roma libera
Monumento di Roma, piazzale del Gianicolo, dettaglio
Per l'intera esistenza Garibaldi colse ogni occasione per liberare Roma dal potere temporale, cacciandone, se possibile, il papa. Egli era infatti un feroce anticlericale:
L'odio verso il papato e il clero e, in particolare, verso Pio IX è testimoniato dal nome che Garibaldi diede al proprio asino, "Pionono", e dal fatto che egli si riferisse al pontefice usando la locuzione «un metro cubo di letame», oppure con la frase
Al primo tentativo della Repubblica Romana del 1849 era legata la morte della moglie Anita. La spedizione dei Mille avrebbe avuto come obiettivo, nelle sue intenzioni, non Napoli ma Roma, ma vi fu impedito dalla resistenza dell'esercito borbonico durante l'assedio di Gaeta e dalle considerazioni politiche del governo sardo.
Garibaldi aveva, in ogni caso, ottenuto un incredibile successo, e su quell'onda, nel 1862, organizzò una nuova spedizione: imbarcatosi a Caprera, raggiunse Palermo ove venne accolto dal tripudio popolare. Attraversò indisturbato la Sicilia raccogliendo volontari e passò lo Stretto da Giardini Naxos dove aveva trascorso la notte presso la famiglia Carrozza.
Napoleone III, l'unico alleato del neonato Regno d'Italia, aveva posto Roma sotto la propria protezione ed il tentativo era, quindi, destinato a fallire. Esso mise, comunque, in grave imbarazzo il governo italiano, che stabilì di fermare Garibaldi in Calabria, schierando contro di lui l'esercito regolare.
Garibaldi, probabilmente, contava sul proprio prestigio per avanzare indisturbato, certamente cercò di evitare lo scontro, passando per una via discosta nel cuore della montagna dell'Aspromonte . Venne comunque intercettato, i bersaglieri aprirono il fuoco e parimenti risposero alcune camicie rosse. Garibaldi si interpose, gridando ai suoi di non sparare, ma venne ferito all'anca e al piede sinistro. Cadde e lo scontro a fuoco cessò. La cosiddetta giornata dell'Aspromonte frutto' al generale l' arresto. Il 2 settembre Garibaldi venne trasportato alla Spezia e rinchiuso nel carcere del Varignano. Il 20 novembre Garibaldi venne trasportato a Pisa dove fu visitato dal professor Paolo Tassinari e il 23 il professor Ferdinando Zannetti lo operò per estrarre la palla di fucile.
Che il tentativo del 1862 fosse velleitario, lo provarono i successivi eventi del 1867. Garibaldi organizzò una terza spedizione su Roma, partita questa volta da Terni, ai confini con lo Stato Pontificio: prese la piazzaforte pontificia di Monterotondo, ma non riuscì a suscitare la rivoluzione in Roma e venne sconfitto dalle truppe del papa e dai rinforzi dotati del nuovo fucile Chassepot a retrocarica inviati da Napoleone III alla battaglia di Mentana. I Francesi erano sul punto di catturare Garibaldi, ma l'Eroe dei Due Mondi venne salvato da Francesco Crispi, che raggiunse la stazione di Monterotondo e riuscì a scortarlo in treno fuori dei confini dello Stato Pontificio.
Terza guerra d'indipendenza
Il telegramma di Garibaldi
All'inizio della Terza guerra di indipendenza italiana venne riorganizzato il corpo volontario denominato Corpo Volontari Italiani, ancora una volta al comando del Garibaldi. Anche la missione era simile a quella condotta fra i laghi lombardi nel 1848 e nel 1859: agire in una zona di operazioni secondaria, le prealpi tra Brescia ed il Trentino, ad ovest del Lago di Garda, con l'importante obiettivo strategico di tagliare la via fra il Tirolo e la fortezza austriaca di Verona. Ciò avrebbe lasciato agli Austriaci la sola via di Tarvisio per approvvigionare le proprie forze e fortezze fra Mantova ed Udine. L'azione strategica principale era, invece, affidata ai due grandi eserciti di pianura, affidati a La Marmora ed a Cialdini.
Garibaldi operò inizialmente a copertura di Brescia, per poi passare decisamente all'offensiva a Ponte Caffaro il 25 giugno, il 3 luglio a Monte Suello costrinse al ripiegamento gli austriaci, ma riportò una ferita alla coscia per un maldestro colpo partito ad un suo volontario. Si aprì, con la vittoria nella battaglia di Bezzecca e Cimego del 21 luglio, la strada verso Riva del Garda e quindi l'imminente occupazione della città di Trento. Salvo essere fermato dalla firma dell'armistizio di Cormons. In quest'occasione, ricevuta la notizia dell'armistizio e l'ordine di abbandonare il territorio occupato, rispose telegraficamente "Obbedisco", parola che successivamente divenne motto del Risorgimento italiano e simbolo della disciplina e dedizione di Garibaldi.
In Francia
Durante la guerra franco-prussiana del 1870-1871, Garibaldi guidò un esercito di volontari a sostegno dell'esercito della nuova Francia repubblicana (battaglia di Digione). A seguire la resa francese, nel 1871 Garibaldi fu eletto deputato alla nuova Assemblea Nazionale francese nelle liste dei repubblicani radicali come deputato della Côte-d'Or, Paris, Algeri e, naturalmente, Nizza: questa quadruplice elezione fu, tuttavia, invalidata dall'Assemblea.
Ciò avvenne ufficialmente a causa delle sue posizioni contrarie alla annessione di Nizza alla Francia, più realisticamente per paura della sua popolarità di eroe "socialista": la stessa assemblea, d'altra parte, si sarebbe presto occupata della repressione della Comune di Parigi. L'atteggiamento dell'Assemblea verso Garibaldi spinse alle dimissioni un deputato del calibro di Victor Hugo.
Ultimi anni a Caprera
Nel 1880 ufficializza la sua unione con la piemontese Francesca Armosino, sua compagna da 14 anni e dalla quale ebbe tre figli; di cui la prima Clelia Garibaldi, dedicherà alla sua memoria l'intera sua vita e racconterà in un libro Mio padre gli ultimi anni della sua vita in cui l'eroe dei due mondi si trasforma da condottiero a padre amorevole e marito affettuoso. Fu affetto negli ultimi anni di vita da una grave forma di Artrite che lo costringeva su una poltrona a rotelle.
La sua ultima campagna politica riguardò l'allargamento del diritto di voto, nella quale impegnò l'immenso prestigio e la fama mondiale conquistate con le sue incredibili vittorie. Accentuò inoltre la polemica anticristiana intervenendo, come ospite d'onore, a varie riunioni della Società Nazionale Anticlericale.
Si era auto-esiliato nell'Italia che egli aveva costruito perché il regno d'Italia lo aveva preferito in disparte. Morì a Caprera il 2 giugno 1882, con lo sguardo rivolto intenzionalmente verso la Corsica. Nel testamento, una copia del quale è esposta nella casa-museo sull'isola di Caprera, Garibaldi chiedeva espressamente la cremazione delle proprie spoglie. Desiderio disatteso dalla famiglia, pare pressata da Francesco Crispi, che preferì, addirittura, farlo imbalsamare. Attualmente la salma giace a Caprera in un sepolcro chiuso da una massiccia pietra grezza di granito. Sembra che negli anni '30 fosse stata effettuata una ricognizione della salma, che sarebbe stata trovata in perfetto stato di conservazione.
L'ateo Garibaldi, nel testamento, inserì anche dei passaggi per sventare eventuali tentativi di (presunta) conversione alla religione cattolica negli ultimi attimi della vita:
Cronologia
Garibaldi in Francia era soprannominato "Il leone della libertà"
Targa dedicata a Garibaldi in Via Nomentana, angolo Via di Sant'Agnese, Roma:
S.P.Q.R
GIVSEPPE GARIBALDI
DIMORÒ IN QVESTA VILLA
NELL'INVERNO MDCCCLXXV
Catania in memoria di Garibaldi, Epigrafe di Mario Rapisardi
Alessandria. In memoria della visita di Garibaldi del 13 Marzo 1863
1807 Nasce a Nizza.
1821 È iscritto nei registri dei marinai.
1824 Primo viaggio in mare verso il Mediterraneo Orientale.
1828 Sbarca a Costantinopoli, dove vivrà fino al 1831.
1833 A Taganrog entra in contatto con i mazziniani.
1834 Partecipa ai moti di Genova.
1835 Parte esule da Marsiglia verso il Sud America.
1839 Combatte con il Rio Grande do Sul contro il Brasile centralista.
1839 Incontra Anita, che sposerà nel 1842.
1841 Combatte con l'Uruguay contro l'Argentina rosista.
1849 Combatte per la difesa della Repubblica Romana.
1852 Si reca da Lima a Canton per acquistare guano.
1859 Partecipa alla Seconda guerra d'Indipendenza come generale dell'esercito piemontese, al comando dei Cacciatori delle Alpi.
1860 Impresa dei Mille.
1862 Nell'intento di liberare Roma, parte dalla Sicilia con 2.000 volontari, ma è fermato sull'Aspromonte.
1864 Si reca a Londra, dove è accolto trionfalmente ed incontra Henry John Temple (Terzo Visconte Palmerston) e Mazzini.
1866 Partecipa alla Terza guerra d'Indipendenza. Comanda un corpo di volontari che combatte in Trentino. Sconfigge gli austriaci a Bezzecca.
1867
A settembre partecipa a Ginevra al Congresso per la pace.
A ottobre si mette a capo dei volontari che hanno invaso il Lazio, ma viene fermato il 3 novembre a Mentana.
1870-71 Partecipa alla guerra franco-prussiana a fianco dei francesi.
1874 viene eletto deputato del Regno.
1879 fonda a Roma la Lega della Democrazia.
1882 Muore a Caprera il 2 giugno.
Garibaldi e l'unificazione italiana
La figura di Garibaldi è assolutamente centrale nel quadro del Risorgimento Italiano, ed è stato oggetto di infinite analisi storiografiche, politiche e critiche. La popolarità di Garibaldi, la sua capacità di sollevare le folle e le sue vittorie militari diedero un contributo determinante alla riunificazione dello stato italiano. Solo a titolo di esempio si possono citare le trionfali elezioni (nel 1860, poi nel 1861) al Parlamento subalpino e poi italiano. Ovvero il trionfo che gli venne tributato a Londra nel 1864.
Numerose furono, anche, le sconfitte. Fra i quali particolarmente brucianti furono quelli dell'Aspromonte e Mentana in quanto lo opposero ad una parte rilevante dell'opinione pubblica italiana, che, in tutti gli altri episodi della sua vita, lo aveva grandemente amato.
Garibaldi e Cavour intenti a costruire lo stivale (l'Italia) in una vignetta satirica dell 1861
Garibaldi e Cavour
Garibaldi non ebbe mai rapporti sereni con Cavour. Da un lato, semplicemente non aveva fiducia nel pragmatismo e nella realpolitik di Cavour, ma provava anche risentimento personale per aver ceduto la sua città natale di Nizza alla Francia, nel 1860. D'altro canto si sentiva attratto dal monarca piemontese, che egli credeva l'uomo adatto per liberare l'Italia .
Certo, scrivendo all'ambasciatore sardo in Francia, Cavour prometteva all'imperatore che avrebbe fermato Garibaldi. Ma, in realtà, non ostacolò seriamente la partenza da Quarto della spedizione dei Mille. Anzi, forse, la finanziò e, comunque, permise a diversi ufficiali dell'Esercito sabaudo di raggiungere Garibaldi in Sicilia. Infine, inviò le truppe che permisero la definitiva sconfitta di Francesco II.
Curiosità
Targa commemorativa del viaggio in Inghilterra
Giuseppe Garibaldi è il personaggio più citato nelle piazze e vie italiane, il suo nome è presente in più di 5500 comuni su 8100, in media 6 comuni su 10. Come denominazione è secondo solo a Roma. Garibaldi è primo in Puglia e Basilicata mentre è secondo in Friuli, Toscana, Umbria, Lazio e Abruzzo.
Sono 1200 le lapidi in Italia che testimoniano che in quel luogo Giuseppe Garibaldi passò, dormì o parlò. Il luogo dove se ne contano di più - otto - è Marsala.
La carriera di Garibaldi nella massoneria culminò con la suprema carica di Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, col 33° grado del Rito scozzese, ricevuto a Torino nel 1862, e con la suprema carica di Gran Hyerophante del Rito di Memphis e Misraim nel 1881. Il Grande Oriente di Palermo gli conferì tutti i gradi scozzesi dal 4° al 33° e a condurre il rito fu un altro massone - Francesco Crispi - accompagnato da altri cinque
Nel 1867, in occasione della sua visita a Colle Val d'Elsa, a Giuseppe Garibaldi viene offerta la vicepresidenza della Società Democratica, che si affiancherà alla già esistente Società Operaia, con il compito di organizzare la classe operaia.
A Garibaldi è stata conferita la cittadinanza onoraria di San Marino il 24 aprile del 1861. Precedentemente, il 30 luglio del 1849, Giuseppe Garibaldi, braccato dalle truppe austriache, trovò scampo per sé e i suoi armati nella Repubblica del Titano.
biscotti Garibaldi
Dopo una celebre visita in Inghilterra un produttore commercializzò i biscotti Garibaldi, prodotti tuttora. Grazie alla sua fama e al prestigio internazionale Garibaldi è stato uno dei primi testimonial pubblicitari della storia, arrivando a cedere in cambio di denaro la propria immagine per numerosi altri prodotti: tonno, cerini, lucido per stivali.
Il pesce Garibaldi prende il nome dell'Eroe in riferimento al colore delle camicie dei garibaldini. Questo pesce vive nell'America del nord ed ha un caratteristico colore arancione.
A suo nome è stato confezionato nel 1982 un nuovo sigaro toscano di sapore più amabile e dolce dei tradizionali tabacchi Kentucky fermentati. Il nome prescelto dipese anche dal fatto che Garibaldi era un regolare fumatore di un tal tipo di sigari.
In italiano, la parola "garibaldino" è un aggettivo che, nato per caratterizzare i soldati che combattevano alle dipendenze del generale, ha finito per assumere sia il significato di audace ed eroico che di impresa preparata ed eseguita senza un grosso lavoro preparatorio e senza grandi infrastrutture a supporto.
A Città del Messico esiste una piazza Garibaldi, famosa per la musica mariachi che vi si suona.
A ferire Garibaldi nella Giornata dell'Aspromonte fu un bersagliere, il trisavolo dello storico Arrigo Petacco.
L'appellativo di "duce", era stato dato dai garibaldini al loro comandante, Garibaldi. La parola deriva da dux condottiero o guida, della storia romana (dal verbo ducere, condurre).
Tra la prima e la seconda moglie ebbe una relazione da cui ebbe un figlio.
Il suo secondo matrimonio durò un solo giorno perché scoprì che sua moglie aspettava un figlio da un altro uomo e chiese l'annullamento per matrimonio non consumato, che ottenne solo dopo 20 anni. In questi anni conobbe la sua terza moglie, Francesca con cui aveva parecchi anni di differenza. Era la balia dei figli di sua figlia Teresita. Con Francesca ebbe tre figli di cui uno morì a 18 mesi.
Quasi tutti i figli di Garibaldi, tranne Clelia, morirono giovani.
Per la nascita di una delle sue figlie piantò un albero nel giardino della casa di Caprera. Quest'albero è ancora lì e, per via delle dimensioni, è stato necessario predisporre sostegni per evitare un suo collasso.
Affezionatissimo ad un suo cavallo dal mantello bianco, la Marsala, fece una lapide per la sua morte. La sua testa impagliata è conservata nella casa del generale a Caprera.
La fabbrica di candele dove egli lavorò con Meucci è ancora esistente. Attualmente è un museo.
Dopo l'impresa dei Mille una delegazione inviata da Abramo Lincoln sbarcò a Caprera portando in dono un revolver e offrendogli la carica di Generale per assumere il comando degli eserciti dell'Unione nella Guerra di Secessione.
Presso il Museo del Risorgimento, all'Interno dell'Altare della Patria a Roma, sono conservati i pantaloni di Garibaldi, veri e propri jeans per stoffa e modello, tra i primi esempio in assoluto nella storia di questo indumento.
L'Eroe dei Due Mondi era alto circa 167 centimetri.
Il giorno della sua morte suo figlio bloccò l'orologio all'ora esatta della sua morte, le 6 e 21 minuti, e il calendario.
Influenza culturale
Musica
Tra le tante opere dedicate a Giuseppe Garibaldi, si riportano qui le seguenti:
Luigi Mercantini, Inno di Garibaldi (Canzone italiana), del 1858, composto su invito di Garibaldi stesso.
Luigi Canepa, Marcia Funebre in onore del prode Giuseppe Garibaldi, eseguita dalla Banda Civica di Sassari alle esequie dell'eroe
Ulisse Barbieri Inno di Garibaldi del 1887
Bruno Lauzi Garibaldi
Statuto È tornato Garibaldi del 1993
Massimo Bubola Camicie rosse
Stormy Six Garibaldi
Vincent Fernandez Soñando en Garibaldi
Sergio Caputo Il Garibaldi Innamorato
Mariachi Mexicano Mosaico Garibaldi
Garibaldi fu ferito... Canzoncina storico-popolare sulla melodia di "Flik Flok" (inno dei Bersaglieri) e reinterpretata recentemente da Francesco Salvi. Curiosamente - e probabilmente proprio a causa di questa filastrocca - le marce veloci tipiche dei Bersaglieri vengono spesso ed erroneamente associate con Garibaldi. Persino all'estero, quando una banda durante le prove suona con ritmo troppo sostenuto, succede che il maestro corregga pronunciando scherzosamente il nome di Garibaldi.
Pina Cipriani Evviva Garibaldi
Inno Partigiano Garibaldi Brigate d'Assalto
Filmografia
Garibaldi (1907) di Mario Caserini
Il piccolo garibaldino (1909)
Anita Garibaldi (1910) di Mario Caserini
Garibaldi a Marsala (1912)
Garibaldi, l'eroe dei due mondi (1926)
Garibaldi e i suoi tempi (1926) di Silvio Laurenti Rosa
Anita o il romanzo d'amore dell'eroe dei due mondi oppure Garibaldi o l'eroe dei due mondi (1927) di Aldo De Benedetti
1860 - I Mille di Garibaldi (1934) di Alessandro Blasetti
Un Garibaldino al convento (1942) di Vittorio De Sica
Camicie Rosse o Anita Garibaldi (1952) di Goffredo Alessandrini e Francesco Rosi
Viva l'Italia! (1961) di Roberto Rossellini
Il giovane Garibaldi (1974) sceneggiato a colori di Franco Rossi
Garibaldi (1986) di Josè Ambriz
Garibaldi il Generale (1987) film a episodi per la televisione di Luigi Magni
L'eroe dei due mondi (1995) film di animazione di Guido Manuli
Garibaldi in America (2008) di Fernando Marés de Souza
Filatelia
Le emissioni filateliche realizzate in Italia, per onorare l'eroe dei due mondi, Giuseppe Garibaldi sono numerose. L'effigie di Garibaldi compare sui primi francobolli commemorativi italiani emessi nel 1910 per celebrare la liberazione della Sicilia e il Plebiscito dell'Italia Meridionale. Questi sono i primi francobolli italiani commemorativi a non recare solo l'effigie del re o lo stemma dei Savoia. Inoltre erano venduti soltanto in Meridione ed in Sicilia con un sovrapprezzo, non indicato sul francobollo, di 5 centesimi ed erano utilizzabili soltanto per la corrispondenza diretta all'interno del regno. Nel 1932 fu dedicata la lunga serie di 17 francobolli per celebrare il cinquantenario della morte. Altri 2 francobolli vennero emessi nel 1957 per il 150° anniversario della nascita. Il volto di Garibaldi appare anche nella serie del 1959 per il centenario della Seconda guerra di Indipendenza; nella serie del 1960 per il centenario della Spedizione dei Mille; nel 1970 per il centenario della partecipazione di Garibaldi alla guerra Franco-Prussiana e nel 1982 è stato celebrato il centenario della morte. L'ultimo francobollo che gli è stato dedicato è stato emesso il 4 luglio 2007 per il secondo centenario della nascita. Vi è rappresentato in primo piano un ritratto di Garibaldi, sullo sfondo un'immagine della casa natale a Nizza.
Oltre all'Italia anche la Repubblica di San Marino, l'Unione Sovietica, l'Uruguay, gli Stati Uniti d'America ed il Principato di Monaco hanno dedicato delle emissioni filateliche a Giuseppe Garibaldi. La Francia, nonostante sia molto legata alla figura di Garibaldi, non gli ha mai dedicato un francobollo. Nel 2007, in occasione del Bicentenario Garibaldino, un'iniziativa popolare ha indetto una petizione online per far emanare un francobollo dedicato all' Eroe dei due Mondi.
Galleria filatelica italiana
Galleria filatelica estera
Marineria
Nel tempo molte sono le imbarcazioni a lui intitolate:
Tra quelle civili, degna di nota è la goletta Leone di Caprera, costruita da emigrati italiani, che, nel 1880, con tre uomini di equipaggio, compì la traversata atlantica dall'Uruguay all’Italia.
Monumenti a Garibaldi
In gran parte delle città italiane esiste almeno una statua di Garibaldi, quasi tutte queste statue hanno una caratteristica comune, in esse lo sguardo di Garibaldi è sempre rivolto verso Roma, città che non riuscì mai a conquistare. La statua presente sull'isola di Caprera invece guarda verso le bocche di Bonifacio in direzione della sua nativa Nizza. Nella stessa Nizza esiste un altro monumento nella omonima piazza Garibaldi che rivolge lo sguardo verso Torino.
Galleria di Monumenti italiani
Galleria di Monumenti esteri
I figli di Garibaldi
Garibaldi con l'ultima moglie Francesca Armosino.
Garibaldi dalla prima moglie Anita Garibaldi, morta nel 1849 presso Ravenna ebbe 4 figli:
Menotti Garibaldi
Ricciotti Garibaldi
Rosa Garibaldi, detta Rosita (1843-1845), morta per vaiolo all'età di 2 anni a Montevideo
Teresa Garibaldi (1845-1903), detta Teresita, moglie del Generale garibaldino Stefano Canzio
Non ebbe figli da Giuseppina Raimondi, che sposò a Fino Mornasco il 16 gennaio 1860 (11 anni dopo la morte della prima moglie Anita), salvo lasciarla poco dopo la cerimonia.
Dalla domestica Battistina Ravello, invece, Garibaldi ebbe:
Anita Garibaldi che morì a 16 anni di meningite
Ebbe tre figli invece dalla seconda moglie Francesca Armosino:
Clelia Garibaldi
Rosita, morta piccola
Manlio Garibaldi
Il nome Garibaldi
In Islanda ancora oggi si usa dare il nome Garibaldi come primo o secondo nome di battesimo.
Onorificenze
Croce di Grand'Ufficiale dell'Ordine Militare d'Italia
«Per militari benemerenze in considerazione dei servizi prestati quale comandante del Corpo Cacciatori delle Alpi, durante l'intera campagna del 1859.»
— 16 gennaio 1860 R.D. n. 42
Medaglia d'Oro al Valor Militare
«Per le prove d'intrepidezza e bravura nei combattimenti contro gli austriaci a Varese e Como.»
— maggio 1859
Riconoscimenti
Gli è stato dedicato un asteroide, 4317 Garibaldi.
Note
^ Conferenza svolta nella primavera del 2007 presso l'Istituto per l'Oriente di Roma.
^ Alcune sue province, come l'Egitto, s'erano di fatto già rese autonome fin dal 1805, con Mehmet Ali, mentre altre, come la Grecia, ambivano alla più totale indipendenza.
^ Non è però del tutto escluso che tale definizione potesse avere a che fare anche con gli ideali della Massoneria che, del resto, Garibaldi abbracciò più tardi con forte convinzione.
^ Leggendo qua e là, «La Settimana Enigmistica», 2007, 3924, ISSN 1125-5226
^ L'appellativo di "dittatore" è da riferirsi alla figura del dictator, una magistratura dell'antica Repubblica Romana cui erano assegnati pieni poteri per risolvere emergenze.
^ Fa riferimento a tali fatti la voce Strage di Bronte, lo scrittore e volontario garibaldino Cesare Abba, La "Storia della Sicilia" di editoriale Agorà e Bronteinsieme.it
^ Fonte: Herbert Mitgang, storico e editorialista del New York Times, al quale si deve una ricostruzione dettagliata della vicenda
^ Questo fatto venne celebrato in una ballata popolare su un ritmo di una marcia dei bersaglieri
^ Garibaldi massone, di E.E. Stolper
^ Template:Http:www.esercito.difesa.it/root/garibaldi/garibaldi medaglia.asp
^
^ Template:Http:www.esercito.difesa.it/root/garibaldi/garibaldi medaglia.asp
Bibliografia
Scritti di Garibaldi
Memorie, pubblicate da A. Dumas; prima versione di L. E. Tettoni, Milano, 1860.
Clelia: Il governo dei preti, Milano, 1870.
Le memorie, Nella redazione definitiva del 1872, a cura della reale commissione, Bologna-Rocca S. Casciano, 1932.
I mille, Torino, 1874.
Cantoni il volontario, romanzo storico, Milano, 1909, che ha come protagonista il garibaldino forlivese Achille Cantoni, eroicamente caduto a Mentana
Elisabetta d'Ungheria: dramma storico in cinque atti, Roma, 1879.
Manlio: romanzo contemporaneo; a cura di Maria Grazia Miotto; introduzione di Graziano Gug, Napoli, 1982.
Nell’ Edizione nazionale degli scritti di Giuseppe Garibaldi sono stati pubblicati 6 volumi a Bologna dall’editore Cappelli negli anni 1936-1937. La pubblicazione è ripresa a cura dell’ Istituto per la storia del Risorgimento italiano, che negli anni 1973-1997 ha pubblicato 10 volumi dell’ Epistolario (volumi 7-16 dell’edizione nazionale).
Alcuni scritti su Garibaldi
Clelia Garibaldi " Mio padre", Vallecchi 1948, Erasmo 2007;
C. Agrati, I Mille nella storia e nella leggenda, Milano, A. Mondadori, 1933;
Alexandre Dumas, Garibaldi in Sud America, Milano, L.E. Tettoni, 1860;
Felix Mornard, Garibaldi, Parigi, Faure, 1866;
Jessie White Mario, "Vita di Giuseppe Garibaldi" , Milano, 1882;
Denis Mack Smith, Cavour and Garibaldi, 1860. A Study in political Conflict, Cambridge, C.U. Press, 1954 (trad. ital.: Garibaldi e Cavour nel 1860, Torino, Einaudi, 1958).
Candido, Salvatore, Giuseppe Garibaldi, corsaro Rio-grandense (1837-1838), Roma, Istituto per la Storia del Risorgimento italiano, 1964
Mino Milani, Giuseppe Garibaldi: biografia critica, Milano, Mursia, 1982
Monsagrati, Giuseppe, Garibaldi Giuseppe, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. CII, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1999, pp. 315-331
Scirocco, Alfonso, Garibaldi: battaglie, amori, ideali di un cittadino del mondo, Roma-Bari, Laterza, 2001
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Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito, Scritti sul 1860 nel centenario, Roma, Tip. Regionale, 1960.
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Ufficio Storico - Stato Maggiore Esercito. Mola Alessandro Aldo. Garibaldi Generale della Libertà. Atti del convegno Internazionale. 1984, Stabilimento Grafico, Gaeta;
Ufficio Storico - Stato Maggiore Esercito. Brancaccio Nicola. Garibaldi a Talamone. (1860). In: Memorie Storiche Militari. 1909. 1909, Roma, pp. 7-35;
Del Boca Lorenzo, Indietro Savoia! Storia controcorrente del Risorgimento italiano, Piemme,
Del Boca Lorenzo, Maledetti Savoia, Piemme,
Oneto Gilberto, L'Iperitaliano. Eroe o cialtrone? Biografia senza censure di Giuseppe Garibaldi, Il Cerchio, Rimini 2006;
Sauro Mattarelli, Claudia Foschini, Memoria e attualità dell'epopea garibaldina, Longo, Ravenna 2002;
Alfredo Oriani, Don Giovanni Verità e altri scritti sul 1848-49, a cura di Ennio Dirani, Longo, Ravenna 1999;
Anton Giulio Barrili, Con Garibaldi alle porte di Roma, a cura di Francesco De Nicola e Vincenzo Gueglio, Gammarò Editori, 2007
Voci correlate
Mio padre ricordi di Clelia Garibaldi
Questione romana
Repubblica Romana (1798-1799)
Repubblica Romana (Risorgimento)
Storia della Repubblica Romana
Spedizione dei Mille
I Mille
Monumento equestre dedicato a Giuseppe Garibaldi alla Spezia
Anita Garibaldi
Clelia Garibaldi
Francesca Armosino
Manlio Garibaldi
Trofeo Giuseppe Garibaldi
Museo Garibaldino di Caprera
Altri progetti
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Collegamenti esterni
Sito ufficiale dell'Istituto Mazziniano di Genova
Sito ufficiale del Compendio Garibaldino di Caprera La sua dimora
Giuseppegaribaldi.info - Approfondimento
Sito del libro Mio Padre di Clelia Garibaldi
Sito su Garibaldi
Clelia e-book in italiano sul progetto Gutenberg
Libri vari ("Clelia" e "Lettere a Speranza von Schwartz") e-book in italiano sul progetto liberliber
Opere di Giuseppe Garibaldi: testo con concordanze e lista di frequenza
Museo nazionale della campagna garibaldina dell'Agro romano per la liberazione di Roma
Memorie garibaldine di Giuseppe Contestabile
Moneta commemorativa sammarinese per il bicentenario della nascita
- Bicentenario della nascita
Sito del comitato per il bicentenario della nascita
Comitato internazionale Giuseppe Garibaldi
Mille Luci Per Garibaldi Sito dei festeggiamenti che si svolgeranno a Caprera
Garibaldi a Rosario Bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi
Nice-garibaldi.org - Approfondimento
Notizie sulla partecipazione di Garibaldi agli eventi della Repubblica Romana del 1849 a cura del Comitato Gianicolo
Garibaldi a Caprera http://www.cronacheisolane.it/garibindex.htm
associazione nazionale veterani e reduci Garibaldini
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Estratto da "http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Garibaldi"
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