Giacomo Matteotti (1885-1924)
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Giacomo Matteotti in Rete:
Biografia:
(estratta da Wikipedia)Giacomo Matteotti (Fratta Polesine, 22 maggio 1885 – Roma, 10 giugno 1924) è stato un politico e antifascista italiano.
Biografia
Nato da una famiglia benestante (proprietari terrieri) ma di modesta estrazione, Matteotti frequentò adolescente il Ginnasio di Rovigo, dove fu compagno di classe del suo futuro avversario politico cattolico Umberto Merlin.
Si laureò in giurisprudenza all'Università di Bologna nel 1907 ed entrò in contatto con i movimenti socialisti, dei quali divenne ben presto una figura di spicco. Durante la prima guerra mondiale si dimostrò un convinto sostenitore della neutralità italiana e questa sua posizione gli costò l'internamento in Sicilia. Nel 1918 nacque suo figlio Giancarlo, che seguì le orme del padre dedicandosi anche lui all'attività politica.
Matteotti fu eletto in Parlamento per la prima volta nel 1919, in rappresentanza della circoscrizione Ferrara-Rovigo. Fu rieletto nel 1921 e nel 1924.
Nel 1921 pubblicò una famosa "Inchiesta socialista sulle gesta dei fascisti in Italia", in cui si denunciavano, per la prima volta, le violenze degli squadristi fascisti durante la campagna elettorale delle elezioni del 1921.
Filippo Turati, decano dei deputati socialisti riformisti
Nell'ottobre del 1922 fu espulso dal Partito Socialista Italiano con la corrente riformista di Filippo Turati; Matteotti divenne dunque il segretario del nuovo Partito Socialista Unitario.
Nel 1924 venne pubblicato a Londra un suo libro: The fascisti exposed; a year of fascist domination in cui riportava meticolosamente gli atti di violenza fascista contro gli oppositori. Nella introduzione del libro esplicitamente confutava le affermazioni fasciste che la loro violenza era stata usata allo scopo di riportare il paese ad una situazione di legalità e normalità col ripristino dell'autorità dello stato, in quanto le stesse manifestazioni di violenza fascista contro gli oppositori proseguivano anche dopo un anno di governo fascista. Inoltre osservava che il miglioramento delle condizioni economiche e finanziarie del paese, che stava lentamente riprendendosi dalle devastazioni della guerra era dovuto non all'azione fascista, ma alle energie popolari, tuttavia a beneficiarne erano gli speculatori e i capitalisti, mentre il ceto medio e dei lavoratori non ne beneficiavano in proporzione al loro impegno ed avevano perduto la loro libertà.
Il 30 maggio 1924 Matteotti prese la parola alla camera per contestare i risultati delle elezioni tenutesi il precedente 6 aprile. Mentre dai banchi fascisti si levavano contestazioni e rumori che lo interrompevano più volte Matteotti incalzava con un discorso che sarebbe rimasto famoso: «Contestiamo in questo luogo e in tronco la validità delle elezioni della maggioranza. L'elezione secondo noi è essenzialmente non valida, e aggiungiamo che non è valida in tutte le circoscrizioni».
Matteotti continuò, denunciando una nuova serie di violenze, illegalità ed abusi commessi dai fascisti per riuscire a vincere le elezioni. Al termine del discorso, dopo le congratulazioni dei suoi compagni, rispose loro, con una quasi profetica premonizione, dicendo: «Io il mio discorso l'ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me».
In un'altra occasione aveva pronunciato una frase che si sarebbe rivelata profetica:
Il rapimento e l'omicidio
Il 10 giugno 1924 Giacomo Matteotti fu rapito a Roma. Il suo corpo fu ritrovato in stato di decomposizione il 16 agosto alla macchia della Quartarella, un bosco nel comune di Riano a 25 km da Roma.
A tutt'oggi il rapimento e il successivo assassinio di Matteotti presentano numerosi lati oscuri. Per quanto è stato possibile ricostruire —pur permanendo aspetti lacunosi— la dinamica dovrebbe essere stata la seguente: alle ore 16.00 del 10 giugno Matteotti uscì di casa a piedi per dirigersi verso Montecitorio prendendo per il lungotevere Arnaldo da Brescia. Sotto i platani era ferma un'auto con a bordo alcuni membri della polizia politica: Amerigo Dumini, Albino Volpi, Giuseppe Viola, Augusto Malacria e Amleto Poveromo, i quali, appena videro passare il parlamentare socialista, scesero dall'auto, gli balzarono addosso e lo caricarono velocemente a bordo.
Matteotti riuscì nelle fasi convulse della lotta a gettare in terra la tessera da parlamentare, nella speranza che qualcuno vedendola potesse lanciare l'allarme. In macchina nel frattempo i sicari fascisti avrebbero sottoposto Matteotti ad un pestaggio. Giuseppe Viola, dopo qualche tempo, estrasse un coltello e colpì la vittima sotto l'ascella e al torace uccidendola.
Targa commemorativa a Civitavecchia
Per sbarazzarsi del corpo i cinque girovagarono per la campagna romana, fino a raggiungere verso sera la Macchia della Quartarella, un bosco nel comune di Riano a 25 km da Roma. Qui, servendosi del cric dell'auto, seppellirono il cadavere piegato in due.
Il corpo di Matteotti fu ritrovato dal cane di un guardiacaccia il 16 agosto.
Procedimenti giudiziari
Riguardo al delitto Matteotti furono intentati tre procedimenti giudiziari.
Il procedimento principale si ebbe dal 16 marzo al 24 marzo 1926 a Chieti (ma istruito già fra 1925 e 1926), contro gli squadristi materialmente responsabili del rapimento e dell'omicidio: Amerigo Dumini, Albino Volpi, Giuseppe Viola, Augusto Malacria e Amleto Poveromo. Di questi, Dumini, Volpi e Poveromo furono condannati per omicidio preterintenzionale alla pena di anni 5, mesi 11 e giorni 20 di reclusione, nonché all'interdizione perpetua dai pubblici uffici, mentre per Panzeri, che non partecipò attivamente al rapimento, Malacria e Viola ci fu l'assoluzione. Il collegio di difesa degli imputati, a seguito di richiesta di Dumini, venne guidato da Roberto Farinacci, a quel tempo segretario nazionale del Partito Nazionale Fascista, l'enfasi che Farinacci mise nella difesa degli imputati fu tale da indurre Mussolini, che viceversa aveva chiesto invano un processo senza molto clamore, a costringerlo alle dimissioni dalla carica nazionale una settimana dopo la sentenza del processo .
Già nel 1924 tuttavia era stato intentato un procedimento davanti dall'Alta Corte di Giustizia del Senato nei confronti dell'allora capo della Pubblica Sicurezza e della MVSN, il quadrumviro Emilio De Bono, per il quale fu ravvisato il non luogo a procedere.
Nel 1947 infine, in seguito al Decreto Luogotenenziale del 27.7.1944 n.159 che rendeva potenzialmente nulle le condanne avvenute in epoca fascista superiori ai tre anni, la Corte d'Assise di Roma reistituì il processo nei confronti di Giunta, Rossi, Dumini, Viola, Poveromo, Malacria, Filippelli, Panzeri, dei quali Dumini, Viola e Poveromo furono condannati all'ergastolo (poi commutato in 30 anni di carcere) mentre per gli altri imputati ravvisò il non luogo a procedere a causa dell'amnistia disposta dal Dpr 22.6.1946 n.4.
In nessuno dei tre processi venne mai accertata alcuna responsabilità diretta di Mussolini.
Le accuse a Mussolini
Emilio De Bono
Fin dai primissimi momenti del sequestro e quindi ancor più dopo la scoperta che il rapimento era degenerato in omicidio, nella convinzione della pubblica opinione la responsabilità fu attribuita a Mussolini, come testimonia una canzonetta dell'epoca:
Rimase anche famosa una vignetta del giornale satirico "il Becco Giallo" nella quale un truce Mussolini siede sulla bara di Matteotti.
Alcuni squadristi, infuriati di essere stati usati come capri espiatori, avevano scritto vari memoriali nei quali asserivano che, quali che fossero le loro responsabilità per l'attività della Ceka, Mussolini aveva approvato e spesso ordinato direttamente i delitti perpretati da quella organizzazione.
Mussolini stesso, il giorno seguente al discorso del deputato socialista, scrisse sul "Popolo d'Italia" che la maggioranza era stata troppo paziente e che la mostruosa provocazione di Matteotti meritava qualcosa di più concreto di una risposta verbale.
Secondo una delle ricostruzioni, pare che il presidente del Consiglio, rientrato a palazzo Chigi dopo il famoso discorso del deputato socialista si sia rivolto a Giovanni Marinelli (capo della polizia segreta fascista) urlandogli: «Cosa fa questa OVRA? Cosa fa Dumini? Quell'uomo dopo quel discorso non dovrebbe più circolare...». Questo sarebbe bastato a Marinelli per ordinare al suo sicario Dumini di uccidere Matteotti. Fu lo stesso Marinelli ad ammetterlo a Cianetti e Pareschi vent'anni più tardi quando si trovò con loro e gli altri traditori del 25 luglio 1943 nel carcere di Verona per essere processato.
Altre ricostruzioni della vicenda di Matteotti
Carlo Silvestri — giornalista al tempo in forza al Corriere della Sera, di fede socialista e amico fraterno di Filippo Turati — fu uno fra i grandi accusatori di Benito Mussolini in rapporto al delitto Matteotti, ma successivamente, riavvicinatosi a Mussolini, durante la Repubblica Sociale Italiana (al punto da esserne definito come l'ultimo suo amico) disse di aver accentuato le proprie accuse per fini di convenienza politica. Silvestri ebbe infatti accesso privilegiato alle carte che Mussolini conservava circa l'omicidio dell'esponente socialista. Secondo quanto raccontato da Silvestri, la visione della documentazione lo convinse dunque dell'estraneità di Mussolini al delitto.
Secondo Renzo De Felice - in una ipotesi ripresa da Marcello Staglieno, Fabio Andriola, Matteo Matteotti e (con maggior prudenza) Guglielmo Salotti, le carte del dossier Matteotti, che sarebbero state gelosamente custodite da Mussolini e consultate da Silvestri - nonché inventariate fra quelle sequestrate a Dongo dai partigiani il 28 aprile 1945 - non sarebbero giunte mai a Roma, all'Archivio Centrale dello Stato cui sarebbero state destinate. Nell'ambito del suo lavoro sui carteggi sequestrati a Dongo dai partigiani, Andriola cita un'intervista rilasciata al rotocalco Epoca nel 1991 dal biografo di Mussolini Renzo De Felice secondo la quale tali carte giunsero sì a Roma, ma sarebbero state misteriosamente perdute, forse fatte distruggere per ordine di Palmiro Togliatti.
Guglielmo Salotti - nella sua biografia di Nicola Bombacci - afferma che l'anziano rivoluzionario (in seguito avvicinatosi al fascismo), avrebbe passato molto tempo nella spasmodica ricerca delle prove dell'innocenza di Mussolini. Bombacci non fece mai nomi sui mandanti dell'omicidio, ma confidò a Silvestri che "purtroppo gli imputati non sono qui. Magari dopo essere stati manutengoli dei tedeschi saranno oggi al servizio degli inglesi o meglio ancora degli americani". Salotti ritiene invece del tutto "fantascientifica" la tesi secondo cui nell'affaire Matteotti sarebbero stati implicati i servizi segreti sovietici.
La versione tradizionalmente accettata, per cui Matteotti sarebbe stato ucciso a causa del discorso di denuncia tenuto alla Camera, è stata recentemente messa in discussione anche dalle ricerche di Mauro Canali e di altri, che fanno risalire direttamente a Mussolini l'ordine di assassinare il deputato socialista. Secondo queste ricostruzioni il capo del fascismo intendeva impedire che Matteotti denunciasse alla Camera un grave caso di corruzione che avrebbe riguardato lo stesso Mussolini (oltre a diversi gerarchi fascisti ed esponenti dei Savoia), il quale, pochi mesi prima, avrebbe concesso alla società petrolifera americana Sinclair Oil (al tempo una controllata della Standard Oil), in cambio di tangenti, l'esclusiva per la ricerca e lo sfruttamento di tutti i giacimenti petroliferi presenti nel sottosuolo italiano e in quello delle colonie. In alternativa la Sinclair chiedeva di tenere nascosto agli italiani il ritrovamento di giacimenti in Libia, in modo che essi non entrassero in concorrenza con i propri. Difatti la presenza di giacimenti di petrolio (rivelatisi poi enormi) in Libia sarebbe stata rivelata pubblicamente dal governo solo nel 1939. In realtà almeno la parte finale di questa ricostruzione è inverosibile in quanto l'ente petrolifero dello stato italiano AGIP (al tempo Azienda Generale Italiana Petroli) , iniziò una campagna di ricerca di idrocarburi in Libia solamente nel 1938 non rivenendo nulla nel periodo prebellico, essendo necessarie tecniche sismiche esplorative non disponibili a quel tempo alla compagnia italiana..
Secondo lo studio di Canali, il Fascismo avrebbe anche comprato il silenzio della vedova di Matteotti, Velia, e dei figli Giancarlo e Matteo, i quali tuttavia non accusarono mai Mussolini neppure dopo la sua uccisione e la caduta del regime nel 1945.
Dubbi sulla teoria di Canali emergono anche dallo studio di Enrico Tiozzo, La giacca di Matteotti e il processo Pallavicini. Una rilettura critica del delitto, secondo il quale il ritrovamento degli indumenti di Matteotti - una delle prove chiave della tesi di Canali - sarebbe stato realmente casuale e non orchestrato
Secondo altre ricostruzioni, fermo restando il movente della denuncia delle tangenti Sinclair Oil - della quale (secondo Staglieno) Matteotti era divenuto azionista - i mandanti dovrebbero essere cercati negli ambienti massonici filo-monarchici, direttamente minacciati molto più che Mussolini da uno scandalo di questo genere. Anche il figlio del deputato, Matteo, avrebbe avallato simili accuse al sovrano Vittorio Emanuele III.
Mussolini ebbe a dire del rapimento e poi del delitto che era «una bufera che mi hanno scatenato contro proprio quelli che avrebbero dovuto evitarla» (alla sorella Edvige) in chiaro riferimento ad alcuni suoi collaboratori (De Bono, Marinelli, Finzi e Rossi, quasi tutti legati alla massoneria). In un'altra occasione ebbe a definire il delitto «un cadavere gettato davanti ai miei piedi per farmi inciampare». Nel discorso alla Camera del 13 giugno Mussolini aveva gridato:
Al di là del mandante diretto, una tra le interpretazioni più accreditate in ambito storiografico è che fra le motivazioni del rapimento o comunque fra gli strascichi del delitto (che presumibilmente non era intenzionale) vi sia stato il tentativo degli estremisti fascisti di colpire direttamente Mussolini e la sua politica di apertura a sinistra e di parziale legalità parlamentare, impedendogli un riavvicinamento con i sindacalisti di sinistra (Mussolini aveva appena chiesto ad Alceste De Ambris di assumere incarichi di governo, ottenendone rifiuto) e perfino coi socialisti e la Confederazione Generale del Lavoro (CGL).
Il discorso di Mussolini
Circa sei mesi dopo la morte di Matteotti, Mussolini, in un noto discorso tenuto alla Camera il 3 gennaio 1925, respinse l'accusa di un suo coinvolgimento nel delitto Matteotti, sfidando i Deputati a tradurlo davanti alla Suprema Corte in forza dell'articolo 47 dello Statuto Albertino e assumendosi nel contempo personalmente "la responsabilità politica, morale, storica" di quanto accaduto e del clima di violenza.
Il discorso di Mussolini costituì un atto di forza, con cui convenzionalmente si fa iniziare la fase dittatoriale del fascismo.
Note
^ Vedi in Stanislao G. Pugliese Fascism, Anti-fascism, and the Resistance in Italy
^ un deputato fascista, Giacomo Suardo, abbandonò l'aula per protesta
^
^ Cfr. Alexander J. De Grand Italian Fascism
^ Cfr. http://www.romacivica.net/ANPIROMA/antifascismo/antifascismo1d.php nonché F. Andriola, Mussolini, prassi..., cit.
^ Fonte: ildeposito.org
^ La vignetta del "Becco Giallo" su un sito dedicato ad una mostra su Matteotti
^ organizzazione squadristica alla quale, in Italia, veniva affidata l'esecuzione di rappresaglie e di vendette politiche
^ cit. Ch. Seton-Watson, L'Italia dal liberalismo al fascismo (1870-1925), vol. II, Laterza, 1973
^ http://archiviostorico.corriere.it/1994/luglio/25/polizia_del_duce_servizio_del_co_0_9407257409.shtml
^ Antonio Pitamiz Silvestri: L'ultimo amico di Mussolini in Storia Illustrata n.271 giugno 1980 p.13
^ Vedi i riferimenti al libro di Carlo Silvestri Matteotti, Mussolini e il dramma italiano pubblicato nel 1947 dall'editore Ruffolo.
^ |Carlo Silvestri, Matteotti, Mussolini e il dramma italiano, Cavallotti editore 1981, pag. XXIII
^ Fabio Andriola, Carteggio Segreto Churchill Mussolini, Sugarco 2007, pag. 263 e n. pag. 270.
^ Guglielmo Salotti, Nicola Bombacci: un comunista a Salò, Mursia, 2008 pp. 206 e ss.
^ "Storia dell'Agip", Floriano Bodini, allegati a "Il Gazzettino"
^ Francesco Guidi Il futuro della Libia nel mercato mondiale dell'energia in L'industria mineraria, Assomineraria ed., n.1-2, 2004 online
^ The Arrival And Growth Of Agip In Libya, in SPE Italian section Bulletin 1998, n.2 online
^ Le prime prospezioni geologiche in Libia, finalizzate alla ricerca di petrolio furono commissionate ad Ardito Desio nel 1936 e portarono ad un rintrovamento fortuito di tracce di olio, nel 1937, durante la perforazione di un pozzo per acqua e questa fu la prima indicazione e conferma diretta della presenza di petrolio in Libia. Si veda Franco di Cesare, Francesco Guidi, Ardito Desio, in SPE Italian section Bulletin Bulletin 2004, n.3 online
^ http://www.gennarodestefano.it/art0424.asp
^ Enrico Tiozzo, La giacca di Matteotti e il processo Pallavicini. Una rilettura critica del delitto, Aracne 2005
^ F. Andriola, Mussolini, prassi politica e rivoluzione sociale, ed. f.c.; Marcello Staglieno, Arnaldo e Benito, due fratelli, Mondadori
^ F. Andriola, Mussolini, prassi politica e rivoluzione sociale, ed. f.c.
^ ibidem
^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista tomo I, Einaudi
^ De Ambris sarebbe stato accusato da Roberto Farinacci di essere uno dei massoni mandanti del delitto proprio per colpire Mussolini. Come riferisce De Felice (op.cit.), tuttavia, questa tesi è caduta nel vuoto
^ Renzo De Felice, op. cit.
Bibliografia
Opere di Matteotti
The fascisti exposed; a year of fascist domination,Londra, Independent labour party publication Dept., 1924 (Ristampa: New York, H. Fertig, 1969)
Opere su Matteotti
Antonio G. Casanova. Matteotti, una vita per il socialismo ed. Bompiani, Milano, 1974;
Ives Bizzi. Da Matteotti a Villamarzana Giacobino Editore - Susegana (TV) - marzo 1975;
Mauro Canali. Il delitto Matteotti, Il Mulino, Bologna, 2004
Marcello Staglieno. Arnaldo e Benito, Mondadori
Fabio Andriola. Mussolini, prassi politica e rivoluzione sociale, ed.f.c. 1984
Renzo De Felice. Mussolini il fascista tomo I - Einaudi
Carlo Silvestri. Matteotti, Mussolini e il dramma italiano, Cavallotti editore 1981
Enrico Tiozzo, La giacca di Matteotti e il processo Pallavicini. Una rilettura critica del delitto, Aracne, 2005
Alexander J. De Grand, Italian Fascism: Its Origins & Development, University of Nebraska Press, 2000, ISBN 0803266227
Stanislao G. Pugliese, Fascism, Anti-fascism, and the Resistance in Italy: 1919 to the Present Rowman & Littlefield, 2004, ISBN 0742531236
Altri progetti
Wikisource
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Collegamenti esterni
Giuliano Vassalli. Commemorazione di Giacomo Matteotti nell'ottantesimo anniversario della morte. Camera dei Deputati, 2004. URL consultato il 26-12-2007.
Nuovo caffè letterario - Giacomo Matteotti
Approfondimento sulla tesi contraria alla responsabilità di Mussolini nel delitto Matteotti
Podcast con una lezione dello storico Giovanni Sabatucci sull'omicidio Matteotti e relative conseguenze
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Estratto da "http://it.wikipedia.org/wiki/Giacomo_Matteotti"
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