Alfonso La Marmora (1804-1878)
Informazioni di base:
Alfonso La Marmora in Rete:
Biografia:
(estratta da Wikipedia)
Alfonso Ferrero, Marchese della Marmora
Luogo di nascita
Torino
Data di nascita
17 novembre 1804
Luogo di morte
Firenze
Data di morte
5 gennaio 1878
Partito politico
Destra storica
Coalizione
Mandato
28 settembre 1864 - 20 giugno 1866
Elezione
Titolo di studio
Professione
Militare, Politico
Coniuge
Vicepresidente
Predecessore
Marco Minghetti
Successore
Bettino Ricasoli
Alfonso Ferrero Marchese della Marmora (Torino, 17 novembre 1804 – Firenze, 5 gennaio 1878) è stato un generale e politico italiano.
Biografia
Diplomato presso l'Accademia militare di Torino nel 1822, dopo alcuni viaggi di studio compiuti per tutta l'Europa, nel 1823 fu incaricato dal Re di Sardegna Carlo Alberto di dirigere il rammodernamento dell'artiglieria sarda. Il 18 giugno 1836 fondò il corpo scelto dei bersaglieri. Nel 1848 ottenne il grado di colonnello e la medaglia d'argento durante l'assedio di Peschiera. Il 5 agosto 1848 liberò Carlo Alberto dai rivoluzionari milanesi. Nel mese di ottobre dello stesso anno, venne promosso generale e successivamente divenne ministro della guerra con il gabinetto Perrone, carica riottenuta nel 1849 con Vincenzo Gioberti.
Dopo la sconfitta di Novara fu inviato a Genova che era insorta contro la monarchia sabauda, rivendicando l'indipendenza ligure. La Marmora sedò la ribellione al prezzo di una odiosa repressione:
"A mezzogiorno del 5 aprile ‘49 le batterie dei piemontesi cominciarono a sparare sulla città. Il bombardamento durò 36 ore, provocando incendi, crolli, devastazioni sui quartieri più poveri e una moltitudine di vittime e feriti. Poi entrarono in azione i bersaglieri e furono saccheggi, stupri e violenze d'ogni genere contro gli insorti ."
Al termine della rivolta e della criminale risposta militare si contarono più di 450 morti. Dopo questa azione, La Marmora fu promosso tenente generale.
Con Massimo d'Azeglio e Camillo Cavour fu nominato nuovamente ministro delle guerra e riorganizzò l'esercito rendendolo forte e flessibile, nonostante il ridotto numero degli effettivi.
Nel 1855 fu al comando della spedizione di Crimea, distinguendosi nel combattimento della Cernaia.
Una volta firmata la pace venne promosso generale di corpo d'armata. Combatté a San Martino nel 1859 contro l'esercito austriaco. Dopo l'armistizio di Villafranca fu per sei mesi Presidente del Consiglio, in sostituzione di Cavour, che si era dimesso.
Nel 1860 fu inviato a Berlino e San Pietroburgo con il compito di ufficializzare il riconoscimento del Regno d'Italia presso gli altri paesi europei. Successivamente ottenne la carica di governatore di Milano. Nel 1861 venne nominato prefetto di Napoli e comandante della città, dove combatté il brigantaggio.
Il 15 settembre 1864 il capo del governo Marco Minghetti sottoscrisse una convenzione franco-italiana, in forza della quale otteneva da Napoleone III il ritiro della guarnigione francese da Roma, ma accettava di trasferire la capitale da Torino a Firenze. Il Re licenziò Minghetti con un telegramma e, il 28 settembre 1864, lo sostituì con il La Marmora. Nel corso del suo governo egli trasferì la capitale in tempo record (3 febbraio 1865) ed ottenne dalla Spagna il riconoscimento del Regno d'Italia.
Nel 1865 rassegnò le dimissioni, ma subito dopo per ordine del Re si ritrovò a dover formare un nuovo ministero: come primo ministro stipulò un trattato d'alleanza con la Prussia (1866) e, pur di rimanere coerente ad esso, rifiutò l'offerta austriaca del Veneto in cambio della neutralità italiana nella guerra del 1866.
Il 20 giugno 1866 lasciò il governo per entrare in guerra con la carica di comandante dell'esercito, ma, a causa della perdita della guerra culminata nella sconfitta di Custoza del 23 giugno 1866, ne fu esonerato durante l'armistizio di Cormons (12 agosto 1866). Fu ancora a capo, per un breve periodo, del corpo d'armata di Firenze, dove nel frattempo era stata trasferita la capitale.
Dopo la presa di Roma fu primo luogotenente del Re d'Italia nei territori ex-pontifici. Infine si ritirò a vita privata. Morì a Firenze il 5 gennaio 1878. Venne sepolto nella città avita di Biella, nella chiesa di San Sebastiano.
Note
^ Tratto da Il Secolo XIX - n.12 del 18 gennaio 2004
Opere
Tra le sue opere più rappresentative possiamo ricordare:
Un episodio del Risorgimento italiano (1849),
Segreti di stato nel governo costituzionale (1877),
Un po' più di luce sugli eventi politici e militari del 1866 (postuma, 1879).
Voci correlate
Governo La Marmora I
Governo La Marmora II
Onorificenze
Cavaliere di Gran Croce Ordine militare di Savoia
— 28 novembre 1855
Cavaliere dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata
Estratto da "http://it.wikipedia.org/wiki/Alfonso_La_Marmora"
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